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sabato 31 luglio 2010

It's a jolly holiday with Chijnga...

..It's a jolly holiday with Chijnga, Chijnga makes your heart so light..ma ve la ricordate? "Com'è bello passeggiar con Mary, un suo sorriso il sole fa spuntar", In inglese viene meglio: passeggiare per il bush con Chijnga (al di là dell'improponibilità del nome che comunque per noi è "Cinga")ti alleggerisce il cuore e ti trasporta in una dimensione in cui il contatto con la vita della savana è così ravvicinato che hai la sensazione di far parte di un mondo incantato. Proprio come quello di Mary Poppins. E' un'esperienza fatta di colori, odori, rumori in diretta, non chiusi dentro un fuoristrada, a contatto di pelle con la natura. E allora sì che puoi apprezzare il profumo della salvia selvatica che sa un po' di limone, puoi sentire il frullare delle ali di un ibis sacro che vola via a qualche metro da te, puoi andare a curiosare nei nidi organizzati come un condominio degli uccelli tessitori, puoi osservare il lavoro gigantesco e instancabile delle termiti. Chijnga, passo felpato, voce bassa, ti porta per mano a scoprire i misteri di questo regno: ecco là le impronte dei bufali, più in là le toilets degli impala che pare eleggano un posto dove evacuare a differenza dei rinoceronti che la fanno dove capita. Più avanti l'amarula tree per la gioia degli elefanti. Gli alberi di amarula sono infatti il pub preferito dai pachidermi che si strafogano delle loro bacche e poi, ubriachi fradici, vanno in giro a tirar giù piante e tutto quello che capita sul loro passaggio. A Venezia, quando hai alzato il gomito si dice che sei "andato per muri". La tua giacca infatti porta i segni inequivocabili dell'intonaco che urta di qua, urta di là ( e meno male che le calli sono strette) ti resta appiccicato addosso. Qua gli alberi di acacia, teak, mogano fanno lo stesso servizio dei muri veneziani, gli elefanti restano in piedi ma loro si sradicano. E che dire quando ti trovi davanti un centinaio di bufali che ti guardano con sospetto? Speri solo che vadano avanti a ruminare e ti ignorino, perchè il ranger che ti accompagna ha sì il fucile ma probabilmente è poco utile in caso di attacco. Meglio allontanarsi e godersi lo spettacolo delle giraffe: i lunghi colli spuntano dalla radura, gli occhioni miti cercano i ramoscelli più teneri, con lenta eleganza strappano le foglie e iniziano a masticare con calma, molta calma. Come calmi e pacati sono gli gnu, grandi grossi e timidi, appena si accorgono della tua presenza scappano via dopo che il capo branco ha controllato che le femmine e i piccoli siano al sicuro. E arriviamo alla meta ultima di tanto delizioso pellegrinare: l'incontro ravvicinato con il re di questi luoghi, il rinoceronte bianco. Strana sensazione, finchè non sei proprio vicino vicino, non ti accorgi che è un bestione, vedi solo un enorme sasso grigio chiaro. Poi intravvedi un occhietto, ridicolo per quanto è piccolo in quella massa pietrosa che sembra una montagna infine spunta il corno e lì capisci che hai di fronte Mr Rhino. Lui è quasi cieco ma ci sente benissimo e soprattutto ha un odorato sopraffino. Chijnga ci fa avvicinare in modo tale che il nostro odore non arrivi alle sue narici. Lì, di fronte alle 3 tonnellate distribuite su un corpaccione alto circa due metri e lungo quattro che, mi dicono, si spostano con l'agilità di una gazzella, ti senti proprio nudo e crudo. "He is sleeping" sussurra Chijnga andando sempre più vicino...in the jungle, the mighty jungle, the rhino sleeps tonight, a-weema-weh, a-weema-weh..








venerdì 9 luglio 2010

Born in Africa

Innanzitutto voglio rassicurarvi: la mamma e i due pargoli stanno benone. Si vede che la combinazione genetica zambiano lucana crea esseri dotati di una resistenza assolutamente superiore a quella che siamo soliti pensare in due esserini fragili fragili quali sono due nuovi cittadini del mondo. Per carità, nemmeno la madre scherza, con la sua capacità di portare a termine la gravidanza, di reggere il rispettabile peso di 3 kg più 2,600 kg di figli ma soprattutto di uscire indenne dal General Hospital di Livingstone. Un po' di Africa la conosco, in fondo sono una trentina d'anni che questo continente mi attira come una calamita, di report sulla gestione della sanità da queste parti sia io che molti di voi abbiamo letto e visto, ma vi assicuro che un conto è stare a casa propria davanti alla televisione e guardare scorrere le immagini di qualcosa che assomiglia all'inferno: la malattia, la sofferenza, le strutture inesistenti, la sporcizia, l'incuria, rimaniamo stupiti certo, ci diciamo "Ma come è possibile che esista un tale abisso tra noi e loro" ci viene il magone e se proprio non reggiamo, il telecomando ci può riportare ad indovinare i quesiti di Gerry Scotti. Sventuratamente la notte del 29 giugno nè io, nè Giuseppe, nè Mishongo avevamo a disposizione un telecomando e il film l'abbiamo visto tutto, fino alla fine. In realtà nessuno di noi si aspettava di finire lì, il travaglio era cominciato in una confortevole clinica, tutta linda e immacolata ma qualcosa è andato storto, si è reso indispensabile il taglio cesareo e l'unico posto con una sala operatoria era proprio il General Hospital. In fretta e furia sull'auto di Giuseppe perchè di ambulanze neanche l'ombra arriviamo nell'atrio del Pronto Soccorso dove l'unica lampadina accesa non riesce a nascondere le abbondanti tracce di sangue e altro (ricordo che siamo nel regno dell'AIDS) sulla tela della barella che doveva servire a trasportare la poveretta in pieno travaglio all'Emergency Room. Sì, perchè naturalmente la E.R. è al primo piano e l'ascensore è fuori uso. Trovare qualcuno che ti dia una mano a portare su la barella non è un problema, c'è sempre un sacco di genete che bivacca nell'atrio del General Hospital: sono i parenti dei pazienti, magari arrivano da villaggi lontani, e stanno lì giorni, mangiano l'immancabile inshima, dormono, attendono. La E.R. non è precisamente quella del County Hospital di Chicago e il dott. Green che si presenta sembra più Marcello il macellaio di Fondamenta sant'Anna vicino a casa mia: stessi stivali di gomma da acqua alta, stesso camice con tracce del recente lavoro. L'unica differenza è che questo ha uno stetoscopio al collo e uno sfigmomanometro in mano. Visita rapidamente, conferma la necessità del cesareo e ci lascia lì a lottare duramente contro nugoli di zanzare (ricordo che siamo nel regno della malaria) che hanno confermato il loro quartier generale in quei locali. Come biasimarle? Lì c'è calduccio, le zanzariere alle finestre non ci sono perchè non ci sono le finestre.. Lasciamo una Mishongo terrorizzata all'ingresso della sala operatoria, dopo aver dato un'occhiata da lontano alla medesima ed aver elevato una prece al Signore. Giuseppe è paralizzato dalla paura e io lo seguo a ruota ma fortunatamente dura poco perchè nel giro di una ventina di minuti ci vengono consegnati due cuccioli da vestire e ninnare. Mishongo ci viene riconsegnata un paio d'ore più tardi, dolorante ma tutto sommato in buone condizioni. Sono passati dieci giorni, Liseli, Gerardo, Mishongo, Giuseppe e la nanny (ma non sembra anche a voi identica alla nanny di Rossella O'Hara) sono tutti a casa felici e contenti, tiriamo un sospiro di sollievo e godiamoci i due bambolotti.